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Validità della procura straniera in Italia

La procura estera per poter essere utilizzata in Italia per il compimento di un atto che richieda una forma autentica (atto pubblico o scrittura privata autenticata), anche solo per l’accesso alla pubblicità, ha necessità di tre requisiti di carattere formale:

  1. Essere scritta in italiano compresa l’autentica o essere tradotta da esperto all’estero o in Italia o anche dal Notaio;

1a) Essere munita di legalizzazione della firma del Pubblico Ufficiale fidefacente o di apostilla, a meno che non sia esente da tale formalità, in conseguenza di Convenzioni Internazionali che ciò escludano

1b) Contenere un'autentica di firma che sia tale e cioè attesti che la sottoscrizione è stata apposta proprio dalla persona il cui nome da essa mano è riportato in calce al testo della procura.

Il primo requisito risponde all’esigenza che tutte le parti dell’atto notarile italiano siano scritte in lingua italiana e l’allegato è una parte dell’atto.

Il secondo requisito che vi sia certezza della qualità dell’autenticante, quale Pubblico Ufficiale munito del potere di attribuire alle sue attestazioni la pubblica fede (prova legale).

Il terzo requisito è quello in ordine al quale sono sorte, anche in tempi recenti, le maggiori discussioni.

La norma che regola la materia è dettata dall’art. 60 del DIP che, in accordo con una antichissima tradizione, stabilisce che nel conflitto di applicazione tra la Legge italiana e quella straniera, prevale quest’ultima per quanto riguarda la norma regolante la forma dell’atto stipulato all’estero.

In tale caso, dunque, bisogna riferirsi alla legge straniera, con conseguente divieto di applicarne altre, compresa quella italiana.

Il concetto, come detto, è di epoca remota ed è presente, in pratica, in ogni legislazione del mondo, dato che sarebbe frustrata la possibilità concreta di utilizzare un atto estero qualora si pretendesse che esso debba essere redatto nell’ossequio della normativa in tema di forma dello Stato in cui esso è destinato ad essere utilizzato.

Limite a tale invio normativo è dato dalla norma generale di DIP contenuta all'art. 16 per l'ipotesi di eventuale contrarietà delle norme straniere, in astratto, pure applicabili, all'ordine pubblico (internazionale).

La definizione di tale istituto è sempre stata alquanto discussa poiché, soprattutto in passato, la si individuava nell’insieme dei principi fondanti del nostro solo ordinamento che avrebbero dovuto fare argine all’applicazione in Italia di norme straniere con esso contrastanti.

Ci si è però resi conto che, per questa strada, la portata del rinvio alla normativa estera poteva essere gravemente compromessa, ove si fosse dovuto limitare tale rinvio ai casi di conformità di tale normativa nella sostanza ai soli principi del nostro ordinamento magari semplici e non fondanti.

Anche per questo si è affermato l’orientamento secondo cui i principi di ordine pubblico si identificano in quelli fondamentali della nostra Costituzione o in quelle altre regole che, pur non trovando in essa collocazione, rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduca in uno stravolgimento dei valori fondanti dell’intero assetto ordinamentale.

Seguendo questa linea più recente la Cassazione ha potuto affermare che l'ordine pubblico internazionale promana dai principi ordinamentali vigenti ed applicati in un certo momento storico e in quelli contenuti nelle convenzioni o nelle dichiarazioni internazionali comuni a tutti gli Stati (Cass. 10.3.1995 n. 2788).

Nell'applicazione pratica tuttavia si rilevano in giurisprudenza sentenze che danno per il concetto di ordine pubblico internazionale un'interpretazione restrittiva per cui tutto ciò che contrasta con i principi di diritto italiani non può da noi trovare applicazione.

E' però anche presente una interpretazione estensiva che accentua il connotato internazionalistico del detto ordine pubblico, ben distinto da quello esclusivamente italiano, con la conseguenza che principi di diritto che costituiscono una barriera per il recepimento della norma ad quam, sarebbero solo quelli inspirati da concetti universali (se non addirittura giusnaturalistici), in alcuni casi o, più frequentemente, della comune e prevalente disciplina  normativa degli Stati vista nel loro insieme e comparata nel suo complesso (impostazione che può avvicinarsi a quella a suo tempo sostenuta in dottrina da Giuseppe Barile).

Generalmente l’interpretazione restrittiva prevale, per intuitive ragioni di identitarietà ordinamentale,  nel settore delle persone e del diritto di famiglia, mentre quella estensiva nell’ambito delle obbligazioni, dei contratti e anche delle successioni.

E così Cass. 5832/1996 dichiara che la tutela dei legittimari non rientra fra i principi che costituiscono il detto ordine pubblico; Cass. 364/2013 ammette il recepimento in Italia della normativa sulla cambiale lasciata in bianco della Svizzera, considerandola, dunque, compatibile con il suddetto ordine; Cass. 14650/2011 accetta l’applicazione estesa all’Italia del patto commissorio vigente in uno Stato estero; Cass. 17349/2002 non coglie un contrasto con tale ordine pubblico dell’applicazione di tassi contrattualizzati all’estero che, secondo la nostra legislazione, sarebbero sicuramente usurari e ben al di sopra del c.d. tasso soglia.

La Sentenza 02.07.2019 n. 17713 della Cassazione, infine, ha esaminato il caso di un'autentica di provenienza USA ritenuta, in linea formale e astratta, idonea, ma contenente la data di nascita del sottoscrittore in modo errato.

La Corte invece di ritenere che un'autentica di questo tipo, contenente l'indicazione erronea della data (che, in ipotesi, avrebbe potuto nello Stato estero anche non esserci, per la validità dell'atto, in base  alle eventuali prescrizioni formali di tale Stato), non tanto sia invalida, secondo le norme del DIP, quanto piuttosto, e, in radice, inesistente, per un qualunque ordinamento al mondo, a causa della sua estraneità funzionale, rispetto allo scopo dell'autentica, consistente ontologicamente e comunque, nella riferibilità della firma al sottoscrittore, ha ritenuto che tale sbaglio della data dovesse valutarsi alla stregua dei principi di ordine pubblico internazionale, in quanto, secondo la Corte, implicante l'omissione della verifica dell'identità.

Ha sostenuto, qui infatti la Cassazione, che la struttura dell’autentica notarile conforme al suddetto art. 60, alla luce dell’art. 16 di DIP, è solo e proprio quella prevista dall’art. 2703 del C.C. e quindi contenente l’attestazione della verifica dell’identità personale del sottoscrittore, nonché quella dell’avvenuta firma in presenza e vista del Pubblico Ufficiale fidefacente. Pertanto, nel caso specifico, il Notaio USA non avrebbe proceduto al dovuto accertamento dell’identità personale di chi ha firmato, per la semplice ragione che l'apposizione della data erronea, avrebbe indirettamente dimostrato che tale accertamento non avvenne (quanto meno correttamente).

Sembra tuttavia davvero esagerato ritenere che i principi generalissimi di ordine pubblico internazionale possano confondersi col pedissequo dettato del citato art. 2703 C.C..

E' infatti necessario considerare che la nostra Legge prevede già un tipo di autentica diversa da quella regolata dal Codice.

Essa è contemplata in molte norme del nostro ordinamento e segnatamente dalla Legge 15/1968 e si concretizza, formalmente, nella formulazione: "è vera la firma", senza la menzione di tutti gli accertamenti e verifiche dettagliati nell'art. 2703 C.C. che invece Cass. 17713/2019 considera necessari per rendere operante la norma di rinvio dell'art. 60 DIP.

E' difficile pensare che la legge italiana che considera sufficiente e valida autentica quella "semplificata", possa, considerare, poi, contraria ai "principi ispiratori dell'ordinamento nazionale e internazionale alla luce dei fondamenti della costituzione", una tipologia di autentica, fra l'altro, la più  diffusa statisticamente  nel mondo, che, trova riscontro  in una formulazione disciplinata dalla legge italiana medesima e che quindi non può, logicamente, da essa, essere considerata in contrasto non solo con i principi della legislazione straniera, nel suo complesso (e, quindi, internazionale) ma, neppure, con quelli dell'ordinamento interno (che invece esplicitamente la ammette).