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Rinunzia alla trascrizione della domanda accolta con passaggio ingiudicato della sentenza

È sorta questione se una volta che la domanda giudiziale sia stata accolta, con la sentenza passata in giudicato e cioè con una decisione in materia contenziosa, in contraddittorio tra le parti, che ha statuito in modo non più impugnabile sul capo controverso, dettando, nello specifico, la “legge del caso concreto”, se la parte interessata possa rinunziare ai relativi effetti e in particolare sia alla trascrizione della domanda che a quella della sentenza.

Per risolvere la questione è necessario distinguere il giudicato in quanto tale dai suoi effetti sostanziali.

Il giudicato, di per sé, gode della forza autoritativa degli atti esecutivi statuali. Non è ammesso metterlo processualmente in discussione, ma è possibile processualmente, solo porlo in esecuzione. Esso si sostanzia nel comando rivolto alle parti del giudizio, di ottemperare alla decisione.

In ordine al rapporto sostanziale regolato dalla sentenza passata in giudicato le cose sono invece diverse.

Tale rapporto, per sua essenza, può essere indisponibile o meno.

Nel secondo caso nulla vieta alle parti stesse del rapporto, pur coperto dal giudicato, di creare un assetto negoziale da esso divergente, ovvero contrario o, addirittura, ablativo del rapporto regolato, dal medesimo, (processualmente), in via definitiva.

In realtà la definitività del giudicato ha una valenza eminentemente processuale, essenzialmente volta ad evitare che la materia controversa venga, ancora, messa in discussione, così da richiedere una nuova pronuncia del giudice.

Ogni ordinamento processuale, una volta esaurita, la serie delle impugnazioni se e come ammesse, non può fare a meno del principio del ne bis in idem.

Quindi, passando dall’ambito del diritto formale a quello sostanziale, si osserva che il giudicato regola indiscutibilmente una certa situazione o un certo rapporto, ma se la materia di esso è disponibile, così come chiunque può rinunziare a un suo diritto, anche se certo e conclamato, così chiunque può rinunziare, dice la giurisprudenza, al giudicato e cioè ad avvalersi della decisione inimpugnabile che ha consacrato il suo diritto.

Tale diritto in termini di disponibilità non è più o meno intenso a seconda che sia stato giuridicamente accertato. L’intensità riguarda invece la certezza e la raggiunta o meno indiscutibilità dell’accertamento.

In definitiva e per venire ad una situazione alquanto esplicita, il creditore cui è stato riconosciuto con giudicato un credito può certamente rimetterlo. Sulla rinunzia al giudicato la giurisprudenza della Cassazione può dirsi ormai pacifica (Cass. 10.11.2016; 16 03 2017), (Cass. 02. 04. 2013 n. 5026 e Cass. 21. 01. 1971 n. 130).

Tanto è forte questa opinione presso i giudici che si è ritenuto, addirittura, in presenza di una sentenza giudicata di nullità di un contratto, che le parti possano, rinunziare al giudicato stesso, così che nei loro rapporti, la questione della patologia del contratto non solo sia superata dalla transazione (escluso ovviamente il caso del negozio illecito), ma addirittura coperta dalla impossibilità di riproporre, esse stesse, la controversia in giudizio. Ciò ovviamente non impedisce che, essendo la nullità giudiziariamente sostenibile da chiunque, altri soggetti possano adire il giudizio a tal fine, dato che il giudicato per suo limite soggettivo, non li riguarda.

Sul piano operativo della pubblicità immobiliare la c.d. rinunzia (transattivamente o meno) al giudicato potrà trovare manifestazione nell’annotamento al margine della domanda, e in quello al margine della sentenza trascritta e passata in giudicato, con indicazione nel primo caso della rinunzia di per sé e, nel secondo caso, che essa attiene agli effetti (sostanziali) del giudicato. Con tali due annotamenti i terzi potranno venire a conoscenza di tale rinunzia e sarà loro opponibile (art. 2644 c.c.) il fatto dell’avvenuta disposizione, in via abdicativa ed estintiva del diritto, attinente alla situazione sostanziale riferita al rapporto coperto dal giudicato, dato che da tale momento in poi, le parti nella loro autonomia negoziale, lo ebbero a regolamentare con effetto totalmente novativo, in modo diverso rispetto a quanto deciso.