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Il valore dell'usufrutto vitalizio nel codice civile

Tutto ciò che è vitalizio, e cioè termina con la durata della vita umana, è soggetto alla relativa incertezza e quindi alea, che non risiede nel fatto della cessazione dell'usufrutto (che è certa) ma nel suo quando. Per questo si parla di termine e non di condizione.

Normalmente, e nella pratica, per la valorizzazione dell'usufrutto si fa riferimento a tabelle attuariali e in particolare a quella notissima allegata al T.U. dell'imposta di registro, secondo quanto previsto dall'art. 46 dello stesso.

Ma tale tabella ha un valore giuridico solo fiscale e nessuna fondata rilevanza dal punto di vista strettamente civilistico.

Questo perchè, a causa della suddetta incertezza della vita è semplicemente impossibile stabilire ex ante il valore di un godimento (diretto o indiretto), per sua essenza, determinabile solo dopo la sua estinzione e dunque effettiva durata.

Tale esigenza, ben diversa da quella di dover dare comunque un valore fiscale al diritto, è chiaramente presente nel Codice Civile, che non potendo determinare con certezza il valore di un qualche cosa di incertamente temporaneo, da ciò si astiene, rimettendo sostanzialmente la scelta alla persona interessata, che valuterà verosimilmente tutti gli elementi del caso quali l'età, le condizioni di salute, ecc. che lo riguardano.

Una espressione di questo tipo di scelta normativa la troviamo nella tutela dei legittimari.

Quando essi sono beneficiari per testamento della proprietà, la stima di questo diritto, onde verificare l'eventuale lesione, può avvenire con parametri sicuri e cioè ben determinabili.

Infatti la legge stabilisce al riguardo come procedere alla quantificazione della lesione, indicando i valori da adottare, l'epoca della stima, le donazioni da considerare, quelle da imputare, prevedendo infine ben tre azioni giudiziarie a difesa del legittimario leso, sostanzialmente volte ad adire la riserva pretermessa o, in parte qua lesa.

Ciò non è invece possibile, stante l'impossibilità di valorizzare in modo serio ciò che è temporalmente incerto nel legato di usufrutto, uso o abitazione e nuda proprietà esteso a beni che se fossero in proprietà eccederebbero la riserva venendo ad interessare la disponibile. Il beneficiario di un lascito collegato alla durata della vita conosce dalla legge quale sarebbe la sua quota di riserva, ma non può da essa sapere se il diritto trasmessogli sia di valore superiore o inferiore rispetto ad essa.

Viene quindi rimessa a lui la valutazione del rimedio eventuale e quindi la legge gli attribuisce il diritto potestativo di porre in essere un negozio unilaterale che gli consenta di conseguire direttamente l'intera riserva di sua competenza con riferimento, ovviamente al diritto di proprietà che la legge in ogni caso gli assicura, abbandonando l'eccedenza quantitativamente gravante sulla disponibile.

Mentre dunque normalmente la tutela del legittimario leso si traduce in una riduzione delle disposizioni lesive, nel caso invece dell'usufrutto (o della rendita vitalizia, o della nuda proprietà, il cui valore, ovviamente, dipende da quello di usufrutto) la legge non prevede una tutela giudiziaria diretta che dovrebbe logicamente presupporre la certa possibilità della valorizzazione dell'usufrutto vitalizio, che come si è detto, è logicamente impossibile, bensì un rimedio negoziale.

Quanto previsto dall'art. 550 c.c., strutturato sullo storico parere giuridico di Mariano Socino, con cui viene universalmente ricordata è giustamente chiamata "cautela", sottolineandosi così il fatto che la norma qui esclude una azione giudiziaria a difesa del legittimario, consentendogli invece di conseguire direttamente, ove non si accontenti del lascito testamentario, la riserva, abbandonando la disponibile quantitativamente superiore e quindi di tramutare l'oggetto del lascito a suo favore, adendo un diritto (la proprietà) qualitativamente superiore, ma quantitativamente inferiore al dovutogli, quale riserva.

Ovviamente e come sempre, nel caso di contrasti insorti, la parola andrà al Giudice, ma non in via di azione autonoma a difesa del legittimario, bensì per dichiarare se i presupposti di forma e sostanza del negozio da lui posto in essere, secondo la suddetta norma del codice, siano effettivamente sussistenti e, quinti, il negozio unilaterale perfettamente efficace nei confronti del suo destinatario potestativo.