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Garanzie del venditore, prelazione e rinunzia ad essa

È noto che la prelazione c.d. reale, normalmente assistita da quel vero e proprio jus in re che è il diritto di riscatto, è oggetto di una duplice garanzia da parte del venditore. Essa riguarda, in primo luogo, l’obbligo di tenere libero il bene dal vincolo del possibile riscatto da parte dell’avente diritto, cui non fu concesso il diritto di prelazione (art. 1481 e 1482 c.c.).

In secondo luogo, la garanzia opera in modo più intenso, al momento dell’eventuale evizione avvenuta a causa del concreto estrinsecarsi del riscatto (art. 1483 c.c.).

L’acquirente ha dunque diritto, innanzitutto, ad una tutela dalla evizione, in presenza del pericolo del suo esercizio, che si concretizza nella eccezione generale di inadempimento, accompagnata dalla facoltà di richiedere al giudice di fissare un termine per la liberazione da tale pericolo, sotto comminatoria di risoluzione per inadempimento e infine, ove l’evizione comunque abbia luogo, al diritto alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

L’evizione avvenuta determina il totale inadempimento da parte del venditore e, conseguentemente, sia la risoluzione del contratto per tale ragione sia gli obblighi restitutori, fra cui, principalmente, quello del rimborso del corrispettivo, il diritto agli interessi legali e, infine, il sorgere dell’obbligazione risarcitoria (1483 c.c.)

Poiché la garanzia in senso lato opera quale elemento naturale del contratto traslativo (si applica anche in misura ridotta ai contratti gratuiti, arg. ex art. 797 c.c.) e cioè, anche in assenza di alcuna previsione contrattuale, si ritiene che chi vende, anche se nulla dica al riguardo, garantisca l’immunità del bene dalla prelazione e dal suo pericolo.

Pertanto, l’acquirente di un terreno agricolo non ha nessun onere e tantomeno obbligo di verifica, in relazione a ciò, a prescindere ovviamente dalla prudenza che chi compra, nel suo interesse di fatto, utilmente impiega. Né di controllare che la garanzia sia espressamente dichiarata, né tantomeno di riscontrare l’esattezza dell’inter-procedimentale della notifica e della mancata (eventuale) risposta.

Quale alternativa al suddetto iter legale, al fine di assicurare la libertà del bene, il venditore potrebbe munirsi di un atto di rinunzia dall’avente diritto.

Il contenuto minimo di tale rinunzia deve comprendere tutto quello che la legge impone per rendere immune la vendita dei terreni da detta prelazione e cioè contenere il riferimento agli elementi caratterizzanti il contratto preliminare, considerato che la denuntiatio si fa notificando direttamente il contratto preliminare.

Come minimo saranno necessari il nome del futuro acquirente, la corretta individuazione dei beni, nonché di eventuali vincoli presenti su di essi, l’ammontare del corrispettivo con pertinente suo regolamento, i termini di adempimento per entrambe le parti, gli elementi accidentali del contratto (se presenti).

E anche necessario che il rinunziante dia atto di aver conosciuto il contenuto della comunicazione a lui, prima della sottoscrizione del negozio abdicativo. Si ritiene infatti, generalmente, che un congruo spatium deliberandi sia connesso alla valida rinuncia della prelazione. Va considerato che tra i suddetti elementi essenziali vi sia anche il nome del compratore.

Infatti, il confinante o il titolare del contratto agrario sul fondo in oggetto potrebbe o meno indursi a fare il sacrificio economico dell’acquisto, in dipendenza anche della conoscenza che egli abbia del nominativo di chi compra.

Per questo è spesso sembrato inidoneo, a tali fini, una eventuale riserva di nomina dell’acquirente contenuta nel contratto preliminare.

Infine, giova considerare che il colono insediato nel fondo (generalmente un affittuario) usufruisce di un diritto alla prelazione che impedisce il sorgere di quella del confinante. Pertanto, l’eventuale rinunzia di detto colono non fa nascere il diritto del confinante, dato che, in presenza del medesimo, tale subordinato diritto del confinante, semplicemente non esiste e quindi neanche sorgere a causa di tale rinunzia. Anche se non viene indicata una particolare forma, la forma autentica della rinunzia eviterebbe contestazioni, circa la verità della sua firma.

Ovviamente l’adozione della rinunzia in alternativa al modello legale, è a rischio del venditore, poiché costui ha l’obbligo legale di notificare il preliminare, attendendo i trenta giorni senza l’esercizio, da parte dell’avente diritto e solo così è certo di poter garantire l’immunità del bene dalla prelazione agraria. Una diversa soluzione, volta ad estinguere tale diritto, anche se di più semplice impiego, presta il possibile fianco a contestazioni e conseguenti responsabilità del venditore per aver adottato una strada diversa rispetto a quella che legalmente la legge a lui impone e che non abbia conseguito il risultato pratico di aver fatto venir meno il diritto dell’oblato previsto dalla legge.