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Il contratto incompleto

Il contratto scritto è completo nel momento in cui riporta le sottoscrizioni di tutti i contraenti costituiti, nonché di quelli che sono parti necessarie del rapporto sostanziale dedotto.

Bisogna, infatti, distinguere il caso in cui le parti abbiano previsto nell'atto che i contraenti dello stesso siano determinate persone, da quello in cui più persone siano parti indispensabili del rapporto (e quindi parti necessarie, del contratto che regoli lo stesso).

Il primo caso potrebbe essere quello in cui fosse previsto, quale partecipante ad una compravendita, il coniuge dell'acquirente in comunione legale, per rendere la dichiarazione di cui all'art. 179 ultimo comma C.C.

Ove costui, sebbene formalmente previsto come parte nell'epigrafe dell'atto, non sottoscriva il contratto (anche se la sua presenza non sarebbe, di per sé, indispensabile alla compravendita, se non ai fini della diversa efficacia della stessa, e cioè non a favore della comunione), la concreta mancanza della di lui sottoscrizione dell'atto scritto ne impedisce il perfezionamento. Esso non si potrebbe invero ritenere perfezionato senza la sua partecipazione (e cioè con effetto a beneficio della comunione legale), per il semplice fatto che la presenza di tale coniuge fu concretamente prevista come elemento soggettivo del contratto (e per raggiungere negozialmente il suddetto fine) e dunque non sarebbe possibile ritenere che la semplice mancata sottoscrizione di costui abbia l'effetto di modificare, riduttivamente, il contenuto dell'accordo.

Il secondo caso, in cui la mancata sottoscrizione ha un rilievo sostanziale, può essere esemplificato dalla divisione, che, pur rispettando nell'epigrafe i nomi di soggetti che la sottoscrivono, ometta tuttavia la partecipazione di alcuno di coloro che, necessariamente, avrebbero dovuto parteciparvi e cioè gli effetto tutti comproprietari pro-indiviso.

Si noti che persino la divisione oggettivamente parziale, in modo simile al litisconsorzio necessario, deve essere stipulata tra tutti i condividenti anche se, eventualmente, non assegnatari di essa.

Costoro infatti subiscono in ogni caso l'effetto della divisione, perché se ne avvantaggerebbero comunque a causa della espansione della quota accresciutasi sul residuo indiviso, ma potrebbero, anche, subire l'effetto negativo, derivante dalla eventuale mancanza della proporzionalità per difetto fra la quota ideale e quanto concretamente attribuito all'assegnatario a stralcio o in conto.

Quel che accomuna, le suddette, diversissime, fattispecie è che in entrambe il contratto privo della sottoscrizione di una parte costituita o di una parte necessaria è non perfezionato o non completo.

Eviterei di dire che questo contratto sia affetto da nullità. La conseguenza del non avvenuto perfezionamento o della completezza della fattispecie negoziale idonea legalmente a produrre l'effetto reale, investe essenzialmente profili di inefficacia totale o parziale che assolutamente non dipendono dalla sua invalidità.

L’inefficacia, infatti, deriva semplicemente dal fatto che, non essendoci (ancora) un contratto perfezionato (o completo) neppure può esservene l'effetto. Il rimedio a tali situazioni deve tenere conto proprio del fatto che nelle stesse non può, per l'appunto, ravvedersi alcuna patologia, quindi neppure le possibilità, eventualmente, di sanatoria, convalida, conferma, ratifica e cose simili.

 A fronte del contratto non ancora perfezionato/incompleto, l'unica cosa da fare non è salvarlo da un difetto che non ha, ma chiedere che esso sia completato nella sua stipulazione, attraverso la partecipazione del soggetto che era assente, al momento della sua iniziale incompleta stipulazione.

Sulla base di tale assunto si apre la soluzione dei casi che si possono presentare, tenendo eventualmente conto della differenza tra di essi, ma comunque della sostanziale identità dei rimedi.

Possiamo così distinguere con riferimento al contratto ricevuto e autenticato dal notaio, le tipologie che seguono:

a) La scrittura privata autenticata riporta i nomi delle parti, ma una o più di esse non ha sottoscritto.

In questo caso il notaio deve autenticare le sottoscrizioni apposte, avvertendo le parti della mancanza e attendere il completamente delle firme dinnanzi a sé, ovvero consegnare l'originale autenticato delle sottoscrizioni, già apposte, all'interessato affinché le sottoscrizioni siano completate dinanzi ad altro notaio, che le autenticherà. L'ultima sottoscrizione perfeziona l'atto.

b) L'atto pubblico vede come parti costituite solo alcuni dei soggetti abilitati a disporre del rapporto contrattualmente dedotto.

b.1) Questo caso potrebbe essere quello in cui sia costituito uno solo dei proprietari oggetto del trasferimento, ma lo stesso non sia stato regolato come vendita di cosa altrui o parzialmente altrui. In questo caso, onde evitare la risoluzione del contratto ex art. 1479 C.C. sarà sufficiente che il soggetto non costituito nell'atto, addivenga autonomamente a compiere un atto autentico che contenga la sua volontà contrattuale assolutamente identica (una sorta di "adesione") con quella oggetto nel precedente atto mancante della sua presenza, e pertanto da ritenersi, al momento ancora, in itinere. Una volta che ciò sia avvenuto il contratto è da ritenersi concluso fra tutte le parti, con tutti i pertinenti effetti giuridici.

b.2) Il contratto di divisione è stato stipulato tra alcuni, ma non tutti, i condividenti.

Applicando ancora in tal caso il principio della non invalidità, ma inefficacia di tale contratto in quanto non perfezionato, con la necessaria partecipazione di un soggetto indispensabile per legge al fine del suddetto perfezionamento sostanziale, crediamo si possa procedere alla stipulazione successiva da parte del soggetto "omesso" di un atto che completi la fattispecie negoziale in itinere e cioè contenga l' identico regolamento della divisione già sottoscritta senza la sua (necessaria) partecipazione.

Una indiretta conferma normativa della validità di questa impostazione è data dall'art. 782 C.C., in tema di accettazione differita della proposta di donazione.

Questo, nel solco di quanto previsto nella materia generale dei contratti dall'art. 1326 C.C., conferma che è lecito distinguere momenti cronologicamente successivi dell'iter formativo del contratto e che, dunque, nulla vieta che una manifestazione di volontà, che non può ritenersi completamente perfezionata perché non soggettivamente definita, quanto alla presenza dei partecipanti, necessariamente implicati, nel rapporto sostanziale autoregolamentato, possa essere considerata valida, qualificandola quale prima fase di un procedimento negoziale in itinere e quindi non ancora concluso.

Nella prima fase abbiamo un negozio in corso d'opera. Al termine della seconda, il negozio concluso.

Da ciò deriverà, ove non fosse previsto nell'atto "prima fase", un apporzionamento a vantaggio "dell'aderente", ma solo dei partecipanti effettivi della stessa che, costui avrà diritto, dopo la sua "adesione" all'accordo, a un conguaglio. Va infatti considerato che la divisione con conguaglio è divisione a tutti gli effetti, dato che la presenza del medesimo non ne altera mai la natura causale (art. 528 C.C.) trasformandone l'essenza dichiarativa in costitutivo-traslativa e che il diritto al conguaglio è una conseguenza automatica della non proporzionalità dei lotti rispetto alle quote di diritto. Se si vuole evitare la rescissione, in assenza anche di tale apporzionamento necessariamente connaturato alla causa divisoria, la volontà dell'aderente potrebbe eventualmente essere sorretta da altra causa attributiva (donazione indiretta, atto solutorio o transattivo).

Ebbene, nell'ipotesi in questione il "condividente omesso" nella divisione, potrebbe con l'autonomo successivo atto di integrale adesione al contenuto dell'atto stipulato senza di lui. Se non volesse alterare l'assetto degli interessi raggiunto dai condividenti sottoscrittori dell'atto in itinere, rimettere contestualmente il debito per conguaglio a lui spettante.

Sembra comunque che in tali casi, mai si possa sostenere la nullità del contratto che invece non può tuttavia dispiegare gli effetti tipici del suo programma contrattuale.  Non può, finché, non ricorra successivamente altra manifestazione di volontà da parte del soggetto che non partecipò al negozio c.d. "iniziale".

In tal senso giova innanzitutto il parallelo col dato normativo dell'art. 1059 C.C., il quale prevede che la servitù costituita da alcuni comunisti non sia nulla, incompleta, inefficacie neppure temporaneamente.

Questa disposizione, infatti, regolamenta tale fattispecie come contratto con effetti "ridotti" rispetto a quello reale (che ovviamente non può generarsi per carenza della completa legittimazione a disporre del bene dalla parte cessionaria). Tali effetti sono quelli obbligatori che si sostanziano non solo nel non poter efficacemente revocare il consenso prestato, ma nell'obbligazione del sottoscrivente di non opporsi, in alcun modo, all'esercizio fattuale e concreto della servitù.

Sembra dunque, che in tal caso, in luogo della costituzione di servitù, che può avere quale titolo la vendita, la donazione, la permuta e in generale qualunque tipologia di contratti traslativi, la Legge consenta l'evidenziarsi di un contratto perfetto con causa meramente obbligatoria che potrà, se del caso, con l'adesione di tutti i legittimati a disporre, attingere all'ulteriore diversa produzione degli effetti reali propri della tipologia causale che possa legalmente determinarli.

Va al riguardo considerato, che una risalente Giurisprudenza (Cass. 29.4.1970 n. 1141) peraltro approvata dalla dottrina che se ne è occupata, muovendosi in modo non dissimile dal ragionamento del legislatore sotteso al suddetto art. 1059 C.C., afferma che nel caso di divisione di cui non siano state parti tutti i condividenti che avrebbero dovuto sottoscriverlo, l'atto sia pienamente valido ed efficacemente stipulato, solo che esso, non si concretizzerebbe in una vera e propria divisione, dato che produrrebbe il solo effetto obbligatorio.

Non sarebbe neppure una proposta, neanche irrevocabile, di divisione, un negozio in itinere e neanche, infine, un contratto preliminare, bensì un accordo irrevocabile con l'obbligo per i sottoscriventi di attenersi al raggiunto assetto pattizio di interessi. Gli effetti reali, infine, si potranno produrre  se e solo con l'autonoma, successiva, unilaterale, adesione del condividente mancante.